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Le chiavi di casa

Sabato mattina di metà febbraio, il mio lungo letargo cittadino è quasi giunto al termine, pandemie permettendo.
Ho voglia di Ascona, ho voglia di valle, ho voglia di casa, l’autunno mi spegne, ma la scintilla è viva dentro di me e basta poco perché possa riaccendersi.
Mentre salgo in auto verso la valle non posso fare a meno di ricordare quando due anni fa, in questi stessi giorni, ero ad Ascona, ne La Tana, ospite di Tommy, a festeggiare il suo sedicesimo compleanno, con il primo caso in valle di Covid che mi sfiorava, che mi passava accanto. Quello che è successo dopo non ha bisogno di spiegazioni.
Sono le undici quando arrivo in paese, il parcheggio alla Fontana Vecchia è desolatamente vuoto, neanche una macchina, solito deserto di auto e di anime.
Posteggio la Sedici e pochi minuti dopo inserisco le chiavi nella serratura, apro la porta e sono finalmente a casa.
Spalanco le finestre per fare entrare luce e l’aria tiepida di un anomalo febbraio, pigio un pulsante e la fiamma della stufa a pellet illumina la cucina, un’aria tiepida piano piano sempre più calda riscalda la stanza. La vita ritorna.
Una volta accesa la stufa, esco a fare due passi in paese a respirare aria di Ascona.
Le case aperte sono sempre di meno, così come i camini che fumano, lo vedi dalle strade vuote, lo senti dal silenzio, un silenzio che ti avvolge, sempre più forte, un maledetto silenzio.
Supero la stalla dei Varisti e arrivo sotto casa di Marietto, anche se il suo vero nome era Costantino: se ne è andato in autunno, pochi giorni prima di Natale, accudito sino all’ultimo giorno dall’amore dei figli.
Un uomo semplice e silenzioso, un grandissimo lavoratore.
Non posso immaginare quante case avrà costruito, quanti mattoni, quanto cemento, quanto caldo avrà sofferto nelle sue estati o quanto freddo nelle gelide giornate invernali in valle: anche casa mia porta la sua firma e quella dei suoi figli e non posso che esserne onorato.
Il mio cammino prosegue tra le case del Greppione, osservo la collina sopra il paese, osservo la ferita della frana che ci ricorda la terra su cui poggia il paese, la sua fragilità, le nostre debolezze.
Sotto la strada i terreni del Prato “u Prau” riposano in attesa delle semine di primavera.
Quando arrivo nella piazzetta del Groppo, davanti alla Caserma, il mio pensiero va alla Lodina.
Se ne è andata via in un luminoso sabato di febbraio, portata via da un male incurabile, lei, una delle pietre miliari su cui poggiava il paese, la pietra d’angolo sulla quale si reggeva la sua famiglia.
Lodina è stata una presenza fissa per tutta la mia vita, dalla mia prima estate al mio sessantesimo inverno. L’ho vista moglie, madre e nonna, contadina, allevatrice, ne ho sentito i canti al mattino nei miei risvegli. L’ho visto piegata nel suo orto, tra le verdure e quei fiori che tanto amava. La ricordo la domenica, in terrazza, a riposare, a gustare quegli impagabili attimi di riposo o fare due passi lungo lo stradone, a godere del silenzio e forse di una insperata solitudine.
E la ricordo a messa, nei canti, a suonar le campane, a scandire il tempo, il tempo di Ascona, quel tempo che non sarà più lo stesso, quel tempo scandito dalle stagioni che ci hanno portato via due guardiani del paese.
La mia passeggiata prosegue lungo lo stradone: quando arrivo al baraccone del povero Mario intravedo sulla mia sinistra una figura che mi osserva e fugge immediatamente, è un capriolo, anzi no, un drappello di quattro caprioli in avanscoperta verso il paese. Mi sento un eroe ad averne fermato l’avanzata, ma credo che gli basterà attendere la notte per poterlo invadere.
La mia giornata in terra d’Ascona prosegue leggera, un salto a Torrio da Massimo e Barbara, una visita a Tommy a vedere le sue manze e ad osservarne la passione nell’accudirle, la cena con gli amici a Villanoce. Piccoli momenti che mi mancavano, che danno un senso ai miei giorni.
E’ ormai notte quando faccio ritorno ad Ascona, nessuna luce ad illuminare le finestre delle abitazioni, solo le fioche luci dei lampioni a rischiarare le vie deserte del paese, il tempo di salire con la macchina al posteggio ed i fari dell’auto illuminano la figura di un capriolo sull’aia di casa, ecchelà, l’invasione è cominciata. Ma ho le chiavi di casa, il mio rifugio sicuro.

P.S.
Questo post era pronto da alcuni giorni, ma un pò per pigrizia, un pò perche qualche parola non mi suonava bene, e non mi suona ancora, facevo fatica a pubblicarlo.
Rileggendolo ci sono termini come
invasione, eroe, avanscoperta, rifugio che in questi giorni molto particolari potrebbero suonare strani e fuori luogo.
Se urto la sensibilità di qualcuno me ne scuso anticipatamente.

Ascona, la storia lungo i secoli

Dopo un lungo lavoro di scrittura, ricerca e raccolta, lo scorso agosto è finalmente uscito il mio nuovo libro “Ascona, la storia lungo i secoli”.
Questo volume raccoglie l’eredità di quello uscito nel 2000 con il titolo “Cinque secoli di storia” e pubblicato a suo tempo sempre grazie all’aiuto e alla collaborazione di Giancarlo Peroni.
Essendo un eterno insoddisfatto, dopo l’edizione di vent’anni fa non ho mai smesso di raccogliere materiale che documentasse la storia del paese in cui è nata mia madre Luisa e dove ho trascorso le mie estati da bambino: questo volume ne è il risultato.
Rispetto alla precedente edizione, oltre ad alcuni tagli in parti che reputavo non corrette o non pertinenti, questa opera presenta un maggior approfondimento della parte storiografica con l’inserimento di pagine dedicate a Gambaro e Santo Stefano d’Aveto, una sezione dedicata all’emigrazione che ha avuto un ruolo importante nella storia asconese tra il XIX e XX secolo ed un capitolo dedicato alle storie di vita di donne e uomini del novecento, piccoli appunti sui lavori svolti dagli asconesi per sopravvivere alle dure condizioni di vita nel paese.
Dal settembre dello scorso anno,  con Giancarlo abbiamo trascorso molte serate a correggere bozze, in archivio ne ho oltre una ventina, scegliere e modificare fotografie, trovare la giusta forma nell’impaginato, il tutto accompagnato dalla cucina stratosferica di sua moglie Ivana e da bottiglie nocive per la lucidità di chi poi doveva lavorare.
Oltre all’aiuto determinante di Giancarlo, questa volta ho potuto avvalermi della collaborazione di Francesco, per noi asconesi “il prof” che, oltre a correggere le bozze del libro, mi ha suggerito l’idea di inserire la sezione sull’emigrazione e di Gabriella e sua madre Maria Luisa che mi hanno riportato le storie di chi aveva varcato gli oceani oltre cent’anni fa.
Nelle pagine sull’emigrazioni ci sono anche i contributi di Mariagrazia, di Gina, da New Orleans e di Carola, da Santiago del Cile, che mi hanno narrato le vicende dei loro antenati nelle lontane Americhe.
Un discorso a parte merita la sezione dedicata agli allegati. Sicuramente, senza tutto il materiale che mi ha fornito Pierluigi Carini non avrei considerato l’idea di una seconda edizione.
Nei documenti che mi ha regalato ci sono pagine importanti, se non fondamentali, per la storia del paese di mia madre, del mio paese. Pietre miliari del nostro trascorso che testimoniano la vita di Ascona, il nostro passato.
Un ringraziamento va infine a Sandro Sbarbaro che, quando eravamo ormai prossimi alla stampa, sul suo sito Valdaveto.net ha pubblicato una sorta di Spoon River della valle nella quale vi erano molte piccole testimonianze della vita di Ascona e dei suoi abitanti nel XIX secolo, documenti che mi ha gentilmente concesso di pubblicare.
Il tutto ha avuto il suo apice lo scorso 17 agosto quando, grazie all’aiuto di Luciano, Alberto e ai soci del circolo del paese, La Tana, nel massimo rispetto delle norme anti Covid, abbiamo presentato il libro sulla piazza della chiesa, nel miglior scenario possibile.
Non avendo mai presentato un volume in vita mia e non avendo mai presenziato ad un evento del genere, mi sono avvalso dell’aiuto di Luca, ingegnere, cantante e da quella sera anche presentatore, che ha condotto magnificamente la serata. L’unico non all’altezza dell’evento forse sono stato io, ma troppa era l’emozione di dover parlare in pubblico, davanti alla mia gente, ai miei amici sulla storia di qualcosa che è parte di me, Ascona.

Per chi fosse interessato all’acquisto del volume, è disponibile presso l’edicola di Santo Stefano d’Aveto o privatamente tramite il sottoscritto.

Ascona, la storia lungo i secoli

Ascona, la storia lungo i secoli

I quarant’anni de La Tana, pt 3

Nello statuto di fondazione del circolo uno dei propositi dell’organizzazione era quello di svolgere opere a favore del paese: il primo lavoro fu quello di mettere alcuni lampioni lungo le accidentate vie di Ascona in maniera di non cadere o perlomeno vedere dove si mettevano i piedi, un’altra opera fu quella di sistemare la condotta dell’acqua della Fontana Vecchia.
In quel primo periodo molte persone misero a disposizione le loro capacità manuali a favore del circolo, ci fu chi costruì le panche in legno per i tavoli del bar, chi prestò la sua opera nella pavimentazione e chi nella preparazione delle serate gastronomiche, come quella dedicata alla pizza.
Nella prima estate tra le varie iniziative vi fu quella del doposcuola con i ragazzi più grandi che si prestarono a dare ripetizioni ai più piccoli.
Il programma dell’estate 1976 fu sicuramente più ambizioso di quello dell’anno precedente: per rimediare alle sconfitte subite l’estate precedente vennero ingaggiati dei giocatori militanti in squadre dilettantistiche mentre per allietare la sera di Ferragosto vennero reclutati i Canterini della Vecchia Sturla, un popolare gruppo genovese che si esibiva in canzoni folcloristiche. Nel contempo i soci si davano da fare per migliorare gli interni del locale: a malincuore venne abbattuto il vecchio ronfò per aprire un arco e unire le due sale.
I proventi delle vendite del bar permisero di acquistare un vero bancone e una macchina da caffè e l’installazione di un telefono a gettoni che venne collocato nelle scale che salivano ai piani superiori allora affittati.
Anche per quell’estate proseguì il progetto cinematografico del circolo: le pellicole proiettate furono E continuavano a chiamarlo Trinità, Citty Citty Bang Bang e Corvo Rosso non avrai il mio scalpo. Al torneo di Rezzoaglio la squadra ingaggiata dal circolo fece un ottima figura terminando al secondo posto, sconfitta in finale dalla Gioielleria Dino di Santa Margherita, erede dei Cormorani della precedente edizione.
Nella serata dedicata al folclore genovese con la Vecchia Sturla il vero protagonista fu il maltempo con pioggia e freddo ed i Canterini a dir poco stupefatti per il luogo che li ospitava, il palco costruito per accogliere il gruppo genovese si rivelò invece utile il giorno successivo per ospitare i soci per la polenta vista l’impraticabilità del prato di Pozzo. I bidoni per i paioli vennero sistemati accanto al garage dei “Varisti”, il sugo preparato nella cucina della canonica e la distribuzione affidata ai più giovani. L’organizzazione, malgrado l’emergenza, era stata ottima, la macchina de La Tana funzionava ormai a pieno regime.
Nel 1977 il circolo terminò il rapporto con l’MCL ed iniziò l’affiliazione alle ACLI, matrimonio che dura ancora oggi.
Nel 1978 per lo spettacolo musicale vennero reclutati i canterini della Primavera Folk e altre pellicole vennero proiettate sull’arena della chiesa, tra queste Uomo bianco va col tuo Dio e Il computer con le scarpe da tennis.
Alla fine degli anni settanta i pochi bambini in età scolare vennero trasferiti nella scuola di Santo Stefano e l’edificio scolastico di Ascona restò vuoto. Il circolo chiese ed ottenne di affittarne i locali per avere a disposizioni nuovi spazi e nuove iniziative. Vennero portato un banco bar, il tavolo da ping pong e organizzate cene e feste tra le quali un famoso pigiama party. Da allora, alle prime estati seguirono altre estati e altri inverni, feste di Capodanno e altre polente, altri tornei, di bocce, di carte, di pallone, vittorie, sconfitte.
Nel frattempo sono nati nuovi soci e morti coloro che ebbero la forza e lo spirito di farlo nascere. Si sono succeduti presidenti (pochi), consiglieri (sempre pochi), ma La Tana è andata avanti, per quarant’anni e l’augurio è che possa compierne altrettanti. Buon compleanno La Tana.

I quarant’anni de La Tana, pt 2

A poche settimane dall’apertura venne il giorno della festa della Madonna Addolorata e i tanti pellegrini che a quel tempo venivano in paese ebbero la sorpresa di trovare un locale dove sedersi e scambiare due parole, davanti a un bicchiere di vino o ad un panino.
A questo punto l’avventura era cominciata, era nato il primo circolo ricreativo della val d’Aveto.
I mesi successivi servirono a dare una struttura organizzativa al circolo: visto che il maggior numero dei fondatori proveniva da Genova, nel capoluogo si svolsero diverse riunioni per programmare gli eventi dell’estate successiva nonché organizzare i festeggiamenti di fine anno con il primo cenone a La Tana.
Nel primo inverno di vita venne pure avviata un sottoscrizione per rimpinguare le esangui casse del circolo, raccolta alla quale risposero positivamente i soci della colonia milanese.
Tra le tante idee messe in opera vi fu quella di un giornalino, un piccolo ciclostilato dove chiunque poteva scrivere i propri pensieri, chiaramente sul paese: non ebbe lunga vita, ma quattro o cinque numeri videro comunque la luce e si potevano leggere le idee dei paesani, dei villeggianti, dai bambini della scuola elementare a quel tempo ancora aperta agli adulti o al parroco.
Una delle prime iniziative dei soci, nel marzo 1975, fu quella di ripulire il terreno alle spalle della chiesa per farne un piccolo parco: l’intenzione era quella di installare delle panchine e dei giochi, ma dopo la bonifica vennero piantati solamente degli abeti e alle buone intenzioni non vi fu alcun seguito.
Sempre in quei mesi vennero presi contatti con i proprietari di un piccolo appezzamento di terra appena sopra Pareto chiamato Pozzo: sufficientemente piano e vicino al paese, poteva diventare un campetto di calcio dove far giocare i ragazzini, ma anche il luogo ideale per organizzare una grande scampagnata di gruppo, magari una polenta.
Finalmente ritornò l’estate e quella del 1975 fu particolarmente ricca di eventi: i più importanti furono senza dubbio l’avvento del cinema sulla piazza della chiesa, un evento epocale per il paese, la prima polenta sul prato di Pozzo e la partecipazione di una squadra di calcio al torneo di Rezzoaglio oltre a tornei di bocce e carte organizzati nei locali del circolo.
La prima pellicola proiettata fu “E lo chiamavano Trinità”, l’operatore era Paolo con l’ausilio di un proiettore preso in prestito dalla parrocchia di Rezzoaglio. Inutile raccontare il successo della pellicola anche se tutti i presenti ricordano ancora l’aria fresca della serata. Nelle settimane successive furono proiettati un cartone per i bambini, Silvestro e una pellicola più impegnativa come Il giorno della civetta.
La grande polenta di Pozzo si svolse il 16 agosto a ricordo dell’accordo dell’anno precedente e fu la prima di una lunga serie mai interrotta: gli uomini si occuparono della cottura del prezioso cereale mentre il gentil sesso si occupava del sugo di carne, da allora punto di forza del semplice piatto contadino. Per vivacizzare il pomeriggio di festa, oltre alla classica partita tra scapoli e ammogliati, venne allestito un albero della cuccagna, come era tradizione in molti paesi della valle nelle giornate di festa.
La partecipazione della squadra di calcio al torneo di Rezzoaglio rimase invece negli annali per il clamoroso e fantozziano esordio contro la squadra dei Cormorani composta da giocatori che militavano in categorie ai limiti del semiprofessionismo. I 26 goal subiti, a fronte dei due fatti, furono oggetto di sberleffo per le settimane a seguire, ma è vero che nelle partite successive la squadra non demeritò uscendo con una sconfitta di misura ed una vittoria.
Nel torneo dedicato agli under 18 Ascona presentò una formazione che pur non superando le eliminatorie fece una discreta figura uscendo con una vittoria, un pareggio e una sconfitta, mancando la qualificazione per un nonnulla (continua)

I quarant’anni de La Tana, pt 1

Il prossimo 16 agosto il circolo La Tana di Ascona compirà quarantanni di vita, una lunga storia nata il 16 agosto del 1974. Il ruolo del circolo nella vita del paese è stata fondamentale, non solo per l’aspetto ludico della cosa, ma principalmente perchè l’esistenza di un circolo di aggregazione ha agevolato o, meglio, favorito il ritorno degli asconesi residenti in città al paese natio.
Dopo La Tana sono nati altri circoli, ad Alpepiana, a Vicosoprano, a Torrio, ma il primo in tutta la valle dell’Aveto è stato quello di Ascona e perdonatemi questa piccola vanità.
Quello che riportò di seguito è uno scritto, che pubblicherò in tre parti,  che mi era stato richiesto da un dirigente per celebrare l’anniversario, ma come tante iniziative anche questa non è andata a buon fine. In mancanza di una pubblicazione cartacea, mi sembra simpatico condividerla con i miei (pochi) lettori.

Era l’estate del 1974, le radio trasmettevano ad ogni ora del giorno “E tu” di Claudio Baglioni mentre i telegiornali parlavano quasi esclusivamente delle dimissioni del presidente Nixon in seguito allo scandalo Watergate.
Ad Ascona la vita procedeva lenta come nel resto della valle: gli abitanti, allora una cinquantina, erano indaffarati nel lavoro dei campi e a curare gli animali, i bambini trascorrevano i pomeriggi ai pascoli mentre i villeggianti si godevano il meritato riposo lontani dagli affanni della città.
La domenica si andava a Rezzoaglio a vedere i tornei di calcio o a fare una passeggiata sotto ai portici di Santo Stefano. Il problema maggiore era come trascorrere le serate, a quel tempo vi erano solo due canali televisivi che ad Ascona non si riuscivano neppure a vedere.
Ci si ritrovava sulla piazza della chiesa, come sempre centro della vita del paese, gli adulti sedevano sui gradini a parlare del più e del meno mentre i bambini giocavano a pallone o a nascondino, tutto questo sino a quando non calavano le tenebre e si doveva fare ritorno a casa dal momento che in paese non esisteva illuminazione pubblica.
Era una sera di agosto quando un gruppo di villeggianti cominciò a parlare della necessità di creare un punto di ritrovo per allungare le serate, sedersi intorno a un tavolo a bere un bicchiere o per una bella mangiata, ma anche per organizzare manifestazioni e opere di pubblica utilità per il paese.
Per poterlo aprire era necessaria una sede e tra quelle a disposizione la cantina della canonica fu quella che riscosse il maggior numero di consensi, un luogo misterioso e inaccessibile, da sempre chiuso agli occhi dei passanti.
Il sedici di agosto, giorno della solennità di San Rocco, una rappresentanza di villeggianti si recò a Villanoce a chiedere all’allora parroco di Ascona, Don Angelo Mariani, che in quel paese risiedeva, la possibilità di affittare i locali, bonificarli e utilizzarli come sede di un circolo ricreativo oltre ad una porzione del giardino per poter installare un campo da bocce e avere uno sfogo esterno. La risposta fu affermativa, a quel punto si potevano cominciare i lavori anzi si dovevano cominciare.
Quando si aprirono le porte della cantina, agli occhi dei volontari si presentò uno spettacolo desolante: sporcizia, legna, montagne di terra, addirittura delle bottiglie di vino abbandonate da un prete che aveva prestato la sua opera ad Ascona. Nella piccola sala d’ingresso trovarono un vecchio forno che si decise di mantenere mentre nella sala attigua faceva bella mostra di se una vecchia cucina a muro, di quelle comunemente chiamate “ronfò”, nella sala più grande la quantità maggiore di detriti da portare via.
La maggior parte dei volontari erano ragazzi giovani: si andava dai ragazzini di dieci, dodici anni sino ai quarantenni con l’aiuto e la preziosa supervisione di qualche persona più matura.
Occorsero diversi giorni per ripulire i locali: i detriti veniva caricati su di una “trassa” trainata da una Fiat Giardinetta e quindi gettati nel Fussou Creosu, un viaggio alla volta i locali furono liberati.
Una volta terminate le operazioni di sgombero, nella sala più grande le grosse “ciappe” in pietra del pavimento vennero sostituite da una gettata in cemento dipinta di rosso mentre le sapienti mani di Mario Barattini, per tutti “u Caregaa” intonacarono le pareti e lungo il perimetro venne costruita una grande panca in cemento.
Una vecchia credenza ricoperta di tronchi d’albero divenne il primo banco bar che fu posizionato nella saletta d’ingresso dove vi era anche un piccolo lavandino, esattamente di fronte al forno. Malgrado mancassero le licenze e l’affiliazione ad una associazione, si poteva dare vita al circolo del paese.
Venne indetta una riunione tra i fondatori: bisognava dare uno statuto alla nascitura organizzazione e soprattutto darle un nome. Fu scelto La Tana, nome decisamente non casuale, perfetto viste le ridotte dimensioni dei locali, un rifugio dove trascorrere le sere di vacanza e i momenti importanti del paese.
Grazie alla solidarietà degli abitanti vennero donati tavoli e sedie per arredare i locali, ma anche piatti, bicchieri e posate (continua) …

Cronache

Ad essere sincero avrei voluto chiamare questo articolo “Come gettare nel cesso trentamila euro” e presto scoprirete il perchè, poi, esamimando la perdurante assenza di paesani dal loro caro paesello, al quale mi sembra vogliano un bene dell’anima solo nel mese di agosto, ho deciso di fornire loro un aggiornamento sullo stato del paese.
Cominciamo con le presenze di villeggianti: ben tre famiglie, due stabili e una presente solo nel fine settimana.
Apertura del circolo: zero ore, incasso zero euro, risultato della rivoluzione di due anni fa. Il nuovo corso è decisamente vincente su tutta la linea.
Asconesi all’ospedale: uno, ma questa è una cosa seria e non mi va di scherzarci, anzi, spero possa vincere la sua personale battaglia, per se stesso e le tante persone che gli vogliono bene.
Processione del Corpus Domini: svolta malgrado l’esiguo manipolo di fedeli, quattro a reggere il baldacchino e due ultrasettantenni a portare i fanali, gli altri due fanali fermi ai box per mancanza di volontari mentre la statua di San Bernardo osserva beatamente ai piedi dell’altare in attesa del numero sufficiente di braccia utili a riporla nella sua nicchia.
Infine il pezzo forte e titolo mancato di questo articolo.
Soldi gettati nel cesso: trentamila euro. Questo è il costo dell’eccezionale piano di salvataggio operato dalla precedente giunta per porre rimedio alla frana della Pianella con un progetto che anche un bambino di sei anni sarebbe stato in grado di fare: tre fila di muri in pietra trattenute da griglie e un riempimento di terra prelevato da un qualche giardino di Santo Stefano e schiacciato lungo il pendio a dare una parvenza di non so cosa, ma di sicuro non di lavoro ben fatto.
Adesso a meno di tre settimane dalla fine dei lavori, ai piedi della frana ci sono delle bellissime pozze d’acqua, segno che la sorgente ha preso altre vie, il terreno del pendio comincia a scivolare e la strada continua a cedere. E questo è solo l’inizio. Chissà cosa ci riserveranno le prossime settimane.