Archivio mensile:agosto 2020

La lunga escursione

In qualche modo doveva essere il giro dei giri, oltre venti chilometri da consumare in un solo giorno, dal passo dell’Incisa sino al passo del Bocco e ritorno.
L’idea mi era venuta lo scorso anno quando con Alberto, Andrea e altri amici eravamo andati alla Malga Zanoni.
Lungo il sentiero avevo visto le indicazioni, ben due percorsi diversi, che indicavano la via per il passo del Bocco e mi era venuta voglia di percorrere questo sentiero.
Dopo una settimana di astinenza da escursioni, decido che è arrivato il momento.
Propongo l’escursione a Cioppi ed Andrea: il primo declina l’invito, il secondo accetta.
Con Andrea ci incontriamo in piazza alle otto e partiamo immediatamente alla volta dell’Incisa, mt 1471, da dove parte il nostro sentiero.
Quando arriviamo a destinazione dobbiamo tornare ad Ascona per un mio problema personale e, colmo della sfida, mentre sostituisco la maglietta sento un dolore tremendo alla spalla dove mi ritrovo una lacerazione. Cosa è stato? Ancora non lo so, ma il dolore è stato terribile ed i segni evidenti.
Torniamo ad Ascona con gran sorpresa dei presenti, sistemo ciò che ho da sistemare e ripartiamo. Sia verso Ascona che nel ritorno verso l’Incisa guida Andrea: che sballo la Sedici. Concordo o come dicono a Roma, me cojoni.
Alle dieci siamo finalmente pronti per la partenza; nel frattempo sono arrivate un po di auto, ma sono certo che si dirigeranno tutti verso il Penna o l’Aiona.
Imbocchiamo il sentiero già descritto nella gita dello scorso anno alla Malga Zanoni: una veloce discesa tra i faggi e dopo una curva il primo ruscello, tristemente asciutto, niente foto.
Quando arriviamo al Mare de Prie incontriamo alcuni escursionisti, una coppia di fidanzati che arrivano dalla Malga di cui accennato ed un signore con due ragazzine, forse le nipoti.
In prossimità del secondo ruscello che taglia il sentiero mi fermo a fare qualche scatto all’acqua, ma le immagini non mi soddisfano e ripartiamo. Dopo trecento metri mi accorgo di avere dimenticato il bastoncino. Torno indietro, non lo vedo, arrivo al Mare de Prie, ritorno indietro e finalmente lo vedo. Per fortuna che venerdì 17 era ieri!
Raggiungo Andrea poco dopo la fontana del Becio e ripartiamo.
Il tempo è infame, coperto e quando arriviamo al passo dei Porcelletti, mt 1467, iniziano a scendere le nuvole, ma il sentiero è più che visibile.
Naturalmente evitiamo di seguire il percorso dell’Alta Via che ci obbligherebbe a scendere il passo della Scaletta in discesa e proseguiamo su questo sentiero alternativo.
Superiamo la deviazione per Prato Mollo, la roccia dei Porcelletti e la deviazione per la Malga Zanoni ed iniziamo la scoperta di un nuovo sentiero.
Dopo i primi tornantini, incontriamo l’ultimo escursionista di giornata, non particolarmente loquace, ma pazienza. Il sentiero attraversa velocemente questa valletta in fondo alla quale attraversiamo un ponticello in cemento sul rio Berone, superato il quale arriviamo al passo della Scaletta, mt 1263.
Dopo una breve discesa rientriamo nel bosco dove troviamo delle indicazioni che obbligano gli escursionisti provenienti dalla direzione opposta a seguire un altro percorso, ma il motivo non è chiaro.
A parte la nebbia che è scesa fitta, il cammino è gradevole, la temperatura fresca, il panorama praticamente nullo. Dopo aver costeggiato il monte Rocchetta, percorriamo il sentiero alle pendici del monte Pertusa. Dopo una curva ci troviamo di fronte una mandria di mucche che ostruiscono il passaggio e occupano l’unica fonte di questo tratto di percorso. Le aggiriamo in basso e ripreso il cammino iniziamo a sentire dei cani abbaiare. Alzo lo sguardo e sui pascoli vedo un gregge di pecore sorvegliate da due maremmani. Ad Andrea consiglio di proseguire e non guardarli ed in breve siamo sulla sella che porta al monte Ghiffi.
A questo punto siamo di fronte ad una scelta: proseguire sull’Alta Via o svoltare sulla deviazione alla nostra destra e così è.
Dopo poche decine di metri affrontiamo delle scalette ricavate nel terreno ed in breve siamo sulla provinciale che da Borzonasca porta a Prato Sopralacroce ed al passo del Bocco: un cartello invita gli escursionisti a percorrere il sentiero sul quale siamo appena transitati invece di quello che porta alla Malga di Vallepiana a causa della presenza di cani antilupo, in pratica quelli che abbiamo appena visto.
Per arrivare al passo del Bocco, mt 956, ci dividono quasi quattro chilometri privi di interesse o della minima vista. Mentre stiamo arrivando al rifugio dove abbiamo prenotato il pranzo cadono le prime gocce di pioggia, ma ormai ci siamo.
Ci accomodiamo al tavolo, mangiamo un piatto di arrosto con patate e ripartiamo, ma piove e dobbiamo attendere: il temporale passa in fretta, nel frattempo abbiamo tirato fuori dagli zaini k-way, poncho e protezioni e appena cessa di piovere partiamo.
Per Andrea il tratto sull’asfalto è un tormento, questione di tempi o di digestione, una sofferenza, ma in qualche modo riusciamo a raggiungere l’inizio dello sterrato. Qui incontriamo tre ragazzi che ci dicono percorrere l’Alta Via, chiediamo loro se ci sono ancora i cani, ma non li hanno visti ne sentiti, meglio, saluti di rito e ognuno per la sua strada.
Nel frattempo il tempo va migliorando ed una volta superata la prima salita e ricongiuntici con il percorso dell’Alta Via possiamo godere del panorama perduto nelle nebbie del mattino: non è apertissimo ed il Penna viene coperto di tanto in tanto dalle nubi, ma la vista è suggestiva. Andrea ha ripreso a camminare con regolarità ed in breve arriviamo ai piedi della Scaletta che evitiamo nuovamente per riprendere il sentiero percorso in mattinata. Superato il ponticello sul rio Berone,  Andreasi imballa nuovamente, ma è anche vero che abbiamo percorso oltre diciassette chilometri. Gli suggerisco di non fermarsi, di proseguire con calma, ma di non fermarsi e piano piano si riprende. Una volta superato il passo dei Porcelletti, il sentiero finalmente spiana e può rifiatare. Arrivare all’auto è questione di poche decine di minuti.
Sono quasi le sei del pomeriggio quando arriviamo al passo dell’Incisa dove troviamo due conoscenti che ci chiedono da dove arriviamo: quando sentono il nostro tour sgranano gli occhi e ci fanno i complimenti. Meritati.

Le cinque cime, pt 2

Una volta ripresa la gita,  supero il signore fontanino lungo la discesa che conduce alla sella e mi dirigo verso il monte Bue.
La salita è sempre faticosa, ma camminare sotto questo cielo fantastico è bellissimo, peccato per le cupe nuvole all’orizzonte che viaggiano nella mia direzione.
Una volta arrivato in cima al Bue incontro altri due escursionisti, un saluto e scendo verso la panchina tanto cara a Lele: anche qui un paio di scatti e via, lungo la pista di sci che porta alla Cipolla.
Sul Groppo che domina il prato ci sono dei ragazzi che stanno facendo scuola di roccia, ottimi soggetti per qualche fotografia. Una volta arrivato al rifugio mi viene l’idea di allungare il giro al Groppo Rosso. Mentre percorro il tratto che va dalla Cipolla all’Astass incrocio almeno cinque o sei escursionisti. Arrivato al bivio per il piccolo rifugio cambio nuovamente idea e decido di allungare ulteriormente, il giro di oggi diventerà il tour delle Cinque Cime. Imbocco lo 001 e dopo qualche centinaia di metri entro nella faggeta ai piedi della Ciapa Liscia, la mia terza vetta di giornata. Un attimo di sosta a godere del panorama verso la Val Nure e mi dirigo immediatamente verso il monte Roncalla o Prato del Pero, come preferite.
Arrivo in pochi attimi, ci sono solo io, ai miei piedi la Valle Tribolata e la Ciapa Liscia, più lontano Torrio. Forse non ha la stessa vista a 360° del Montarlone, ma dalla Roncalla si gode di un panorama fantastico sulle valli circostanti e godo della vista, dell’aria, del vento, del sole, della mia ritrovata libertà, della mia momentanea solitudine.
Dopo la sosta, mentre mi appresto a riprendere il cammino, arriva una coppia di fidanzatini con i quali scambio qualche parola. Dopo averli salutati scendo verso la mia ultima cima di giornata, il Groppo Rosso.
Vorrei dirigermi verso la prima groppa, ma è occupata da tre o quattro gitanti, cosi mi accontento, si fa per dire, di salire sulla terza, quella che domina la Valle Tribolata.
Qualche minuto di sosta, le solite immancabili fotografie e devo prendere la via del ritorno: in pochi minuti sono all’Astass e in meno di mezzora sono all’auto per tornare verso casa.
Per essere la seconda escursione dopo il fermo forzato causa pandemia non è male, forse sono stato un poco ingordo a fare cinque cime in un giorno, ma in qualche modo era necessario per tornare a riappropriarsi della mia vita, magari forse solo del mio tempo e delle mie abitudini ed è quello che ho fatto.