Sabato mattina di metà marzo: è oltre un mese che non salgo in valle, fatta eccezione la veloce scappata per dare l’ultimo, dovuto e sentito, saluto a Federico, uomo giusto e onesto, lavoratore e padre esemplare, uno degli ultimi grandi del paese, mi mancherà il suo sguardo sereno e pulito, il suo sorriso.
Sono indeciso, ho visto le previsioni e non ho sinceramente voglia di trascorrere la domenica in paese, in casa, a guardare oltre i vetri la neve scendere, tanto vale stare a Genova. Dovrei fare però un paio di commissioni in paese e opto per l’ennesima veloce scappata, al peggio in serata mangerò qualcosa in compagnia dei miei amici per poi scendere verso la riviera.
Non sono nemmeno le tredici e trenta quando lascio la città, per tornare in valle a distanza di un mese dall’ultima volta, già, l’ultima volta, quella fantastica escursione con le ciaspole sul monte Aiona in compagnia di Giampiero.
Contrariamente alle mie abitudini non prendo l’autostrada, ma decido di percorrere la statale che attraversa la Fontanabuona. Il tempo non è dei migliori, è nuvoloso, grigio, l’asfalto bagnato dalle piogge dei giorni precedenti. Osservo il paesaggio che mi circonda, la terra scura, gli alberi spogli, manca meno di una settimana alla primavera, ma sembra non esserci speranza, ma primavera arriverà, sicuramente, quando non so.
Supero Gattorna, Ferrada, Cicagna, a Monleone svolto verso Favale ed è ancora più inverno.
Pochi minuti e arrivo a Favale, imbocco la salita della Scoglina, osservo le indicazione per l’Osteria della Fonte Buona, ne avevo parlato in un mio post qualche anno fa, un avamposto nel deserto, di buona cucina, di ospitalità, ha chiuso e non riesco ad esprimere a sufficienza il mio dispiacere, ma tutto passa e Giovanni avrò avuto le sue buone ragioni per chiudere quel luogo bellissimo.
Ai lati del serpente asfaltato che porta in valle i ruscelli vomitano acqua su acqua, cascate ovunque, il terreno è zuppo, fradicio, poi magari tra sei mesi saremo qui a parlare di siccità, già, niente di più facile.
Dieci minuti e finalmente svalico ed entro nel Vietnam delle buche: l’inverno ha lasciato il suo segno, gli alberi piegati, gli smottamenti, le buche lungo la strada, sale e spazzaneve ha dato risultati eccellenti, un romano si sentirebbe sicuramente a casa.
Ai lati della strada ci sono ancora chiazze di neve e una volta a Parazzuolo fanno la loro comparsa i coltici, sentinelle della primavera, le prime chiazze viola, si, la primavera è in ritardo, ma arriverà.
Supero Rezzoaglio, l’albergo Americano ha invece riaperto con una nuova gestione, un altro avamposto nel deserto delle nostre valli, magari non eccellenza come il fortino che ha appena chiuso a Favale, ma con la stessa importanza, come avevo scritto, un faro nella notte buia dei viaggiatori.
Il tratto di strada che porta al bivio di Torrini è un disastro, buche su buche, verso Pievetta è gia molto meglio, quello che porta in paese sembra non avere subito danni da sale e spazzanevi.
Arrivo ad Ascona e alla Fontana Vecchia non c’è nessuna auto a parte quella di Fabio. Posteggio l’auto vicino a casa, in breve sbrigo le mie commissioni, controllo casa, nessun danno evidente, speriamo bene, ho il tempo per prendere una bottiglia di Merlot Vitali da bere domani e sono libero.
Vado a salutare Rita, l’ultima volta che l’avevo vista aveva davvero un brutto aspetto, entrare e uscire dagli ospedali sembrava non finire mai, adesso sta meglio e ne sono felice, lei, una delle ultime memorie del paese.
Una volta finita la visita mi fermo qualche minuto in piazza a parlare con Stefano per poi ripartire alla volta di Torrio.
Superato Santo Stefano, sulla strada che porta al paese piacentino inizia a scendere qualche goccia di pioggia, mezzora prima ad Ascona era comparso il sole, già, marzo pazzerello.
A Torrio mi fermo un’ora, un ora e mezza, un bicchiere di prosecco, due discorsi, poi è ora di raggiungere gli amici.
Esco di casa e trovo una sorpresa, gradita non direi, la pioggia si è trasformata in neve e la strada ora è completamente bianca, in cielo lampi e tuoni come in un temporale estivo.
Non amo queste situazioni, ma come si dice, sono in ballo e balliamo, inserisco le quattro ruote motrici e viaggio che è un piacere, la macchina non si muove di un centimetro.
A Santo Stefano la situazione non cambia, la strada completamente imbiancata, ma non è più neve, è grandine. E’ grandine sino a La Villa, una breve pausa sino a Gramizza, poi ancora grandine e neve, una cosa mai vista. Dentro di me dico che prima o poi smette, più scendo come altitudine e meglio dovrebbe essere e invece no, più vado avanti e la situazione peggiora sempre più, arrivo a Rezzoaglio e la strada è un manto bianco, in qualche modo trovo un buco per l’auto e poi finalmente è cena, compagnia con gli amici, momenti personali che non racconterò, che come sempre tengo per me, ma che giustificano questa veloce scappata in valle.
Coltice