Archivio mensile:aprile 2018

25 Aprile

La Divina Provvidenza non ha concesso che io offrissi all’Italia sui campi d’Africa quella vita che ho dedicato alla Patria il giorno in cui vestii per la prima volta il grigioverde. Iddio mi permette oggi di dare l’olocausto supremo di tutto me stesso all’Italia nostra ed io ne sono lieto, orgoglioso e felice! Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra Terra ad essere onorata e stimata nel mondo intero. Lascio nello strazio e nella tragedia dell’ora presente i miei Genitori, da cui ho imparato come si vive, si combatte e si muore; li raccomando alla bontà di tutti quelli che in terra mi hanno voluto bene. Desidero che vengano annualmente celebrate, in una chiesa delle colline torinesi due messe: una il 4 dicembre anniversario della battaglia di Ain el Gazala; l’altra il 9 novembre, anniversario della battaglia di El Alamein; e siano dedicate e celebrate per tutti i miei Compagni d’armi, che in terra d’Africa hanno dato la vita per la nostra indimenticabile Italia. Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura. Con la coscienza sicura d’aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi presento davanti al plotone d’esecuzione col cuore assolutamente tranquillo e a testa alta.
Possa il mio grido di “Viva l’Italia libera” sovrastare e smorzare il crepítio dei moschetti che mi daranno la morte; per il bene e per l’avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice!

lettera di Franco Balbis (Francis), Torino 5 aprile 1944
combattente a Ain El Gazala, El Alamein ed in Croazia, decorato di Medaglia d’Argento, di Medaglia di Bronzo e di Croce di Guerra di 1a Classe. All’indomani dell’8 settembre 1943 entra nel movimento clandestino di Torino. Arrestato il 31 marzo I944 e fucilato il 5 aprile 1944
Medaglia d’Oro e Medaglia d’Argento al Valor Militare.

estratto da http://www.storiaxxisecolo.it
Lettere di condannati a morte della Resistenza Italiana

Il dolore dell’amore

E’ un attimo,
un veloce istante,
il tempo di voltare lo sguardo
e non ci sei più.
resta nell’aria il tuo profumo,
restano nell’aria le tue parole,
resta nella mia mente il tuo pensiero.
Sono i tuoi occhi,
le tue labbra,
i tuoi sospiri,
il sapore della tua pelle,
sono i piccoli gesti,
tutto questo sono il vuoto che lasci in me,
la voragine di sentimenti,
il dolore dell’amore.

scritta a Genova nel gennaio 2013

Acque

Scappata in valle

Sabato mattina di metà marzo: è oltre un mese che non salgo in valle, fatta eccezione la veloce scappata per dare l’ultimo, dovuto e sentito, saluto a Federico, uomo giusto e onesto, lavoratore e padre esemplare, uno degli ultimi grandi del paese, mi mancherà il suo sguardo sereno e pulito, il suo sorriso.
Sono indeciso, ho visto le previsioni e non ho sinceramente voglia di trascorrere la domenica in paese, in casa,  a guardare oltre i vetri la neve scendere, tanto vale stare a Genova. Dovrei fare però un paio di commissioni in paese e opto per l’ennesima veloce scappata, al peggio in serata mangerò qualcosa in compagnia dei miei amici per poi scendere verso la riviera.
Non sono nemmeno le tredici e trenta quando lascio la città, per tornare in valle a distanza di un mese dall’ultima volta, già, l’ultima volta, quella fantastica escursione con le ciaspole sul monte Aiona in compagnia di Giampiero.
Contrariamente alle mie abitudini non prendo l’autostrada, ma decido di percorrere la statale che attraversa la Fontanabuona. Il tempo non è dei migliori, è nuvoloso, grigio, l’asfalto bagnato dalle piogge dei giorni precedenti. Osservo il paesaggio che mi circonda, la terra scura, gli alberi spogli, manca meno di una settimana alla primavera, ma sembra non esserci speranza, ma primavera arriverà, sicuramente, quando non so.
Supero Gattorna, Ferrada, Cicagna, a Monleone svolto verso Favale ed è ancora più inverno.
Pochi minuti e arrivo a Favale, imbocco la salita della Scoglina, osservo le indicazione per l’Osteria della Fonte Buona, ne avevo parlato in un mio post qualche anno fa, un avamposto nel deserto, di buona cucina, di ospitalità, ha chiuso e non riesco ad esprimere a sufficienza il mio dispiacere, ma tutto passa e Giovanni avrò avuto le sue buone ragioni per chiudere quel luogo bellissimo.
Ai lati del serpente asfaltato che porta in valle i ruscelli vomitano acqua su acqua, cascate ovunque, il terreno è zuppo, fradicio, poi magari tra sei mesi saremo qui a parlare di siccità, già, niente di più facile.
Dieci minuti e finalmente svalico ed entro nel Vietnam delle buche: l’inverno ha lasciato il suo segno, gli alberi piegati, gli smottamenti, le buche lungo la strada, sale e spazzaneve ha dato risultati eccellenti, un romano si sentirebbe sicuramente a casa.
Ai lati della strada ci sono ancora chiazze di neve e una volta a Parazzuolo fanno la loro comparsa i coltici, sentinelle della primavera, le prime chiazze viola, si, la primavera è in ritardo, ma arriverà.
Supero Rezzoaglio, l’albergo Americano ha invece riaperto con una nuova gestione, un altro avamposto nel deserto delle nostre valli, magari non eccellenza come il fortino che ha appena chiuso a Favale, ma con la stessa importanza, come avevo scritto, un faro nella notte buia dei viaggiatori.
Il tratto di strada che porta al bivio di Torrini è un disastro, buche su buche, verso Pievetta è gia molto meglio, quello che porta in paese sembra non avere subito danni da sale e spazzanevi.
Arrivo ad Ascona e alla Fontana Vecchia non c’è nessuna auto a parte quella di Fabio. Posteggio l’auto vicino a casa, in breve sbrigo le mie commissioni, controllo casa, nessun danno evidente, speriamo bene, ho il tempo per prendere una bottiglia di Merlot Vitali da bere domani e sono libero.
Vado a salutare Rita, l’ultima volta che l’avevo vista aveva davvero un brutto aspetto, entrare e uscire dagli ospedali sembrava non finire mai, adesso sta meglio e ne sono felice, lei, una delle ultime memorie del paese.
Una volta finita la visita mi fermo qualche minuto in piazza a parlare con Stefano per poi ripartire alla volta di Torrio.
Superato Santo Stefano, sulla strada che porta al paese piacentino inizia a scendere qualche goccia di pioggia, mezzora prima ad Ascona era comparso il sole, già, marzo pazzerello.
A Torrio mi fermo un’ora, un ora e mezza, un bicchiere di prosecco, due discorsi, poi è ora di raggiungere gli amici.
Esco di casa e trovo una sorpresa, gradita non direi, la pioggia si è trasformata in neve e la strada ora è completamente bianca, in cielo lampi e tuoni come in un temporale estivo.
Non amo queste situazioni, ma come si dice, sono in ballo e balliamo, inserisco le quattro ruote motrici e viaggio che è un piacere, la macchina non si muove di un centimetro.
A Santo Stefano la situazione non cambia, la strada completamente imbiancata, ma non è più neve, è grandine. E’ grandine sino a La Villa, una breve pausa sino a Gramizza, poi ancora grandine e neve, una cosa mai vista. Dentro di me dico che prima o poi smette, più scendo come altitudine e meglio dovrebbe essere e invece no, più vado avanti e la situazione peggiora sempre più, arrivo a Rezzoaglio e la strada è un manto bianco, in qualche modo trovo un buco per l’auto e poi finalmente è cena, compagnia con gli amici, momenti personali che non racconterò, che come sempre tengo per me, ma che giustificano questa veloce scappata in valle.

Coltice