Gennaio del 1982: la mia stagione estiva in Sardegna terminò alla fine di agosto, un aereo per Pisa, qualche giorno ad Ascona ed un nuovo treno per Bellagio. Un mese e mezzo sulle rive del lago, sufficienti per lasciare Augusta, col sennò di poi una gran bella cazzata come tante altre nella mia vita.
Terminata la breve stagione a Bellagio tornai per un paio di mesi a Genova e quindi una nuova stagione, ancora a Madesimo, in un nuovo albergo, in compagnia di Rosi, una collega conosciuta a Bellagio, sicuramente una delle persone più importanti della mia vita.
Dopo cinque mesi tornai a scrivere. Questa canzone non è una poesia, sicuramente non è una canzone, non è dedicata a nessuno cosi come non mi ispirai a nessuno in particolare, chiamamola una esercizio di scrittura e penso sia più che sufficente.
Questa canzone
è per chi mi ha dato una mano,
per chi non mi ha chiesto niente,
per te che mi hai sorriso,
per te che con due parole
hai aperto il mio cuore,
per te che hai detto -Ti amo-,
per te che non hai nome,
per te che non hai padrone.
Questa canzone è anche per chi
ha bisogno di credere in qualcosa,
per chi in un ago cerca la vita
ma solo morte troverà,
per chi piange per una donna,
per chi mai una donna ha avuto,
per chi non sa ridere
e anche per chi piangere non sa,
per chi, come me,
non sa far niente.
Questa canzone, lo sai,
è anche per te,
per te che vivi e piangi,
per te che ridi e ami
e ami col cuore,
perché ancora un cuore hai,
per te che sei mia e di nessuno,
per te che mi fai vivere,
per te che sei libertà.
Questa canzone sarà la mia canzone,
la canzone di chi soffre e piange,
di chi vive e ama,
sarà la canzone del tuo amore,
sarà la nostra canzone,
sarà di chi la vorrà,
sarà una canzone,
sarà la canzone della vita,
finche questa sarà finita.