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il giorno dei cinque passi, pt 2

Finalmente trovo la casa dei miei amici, posteggio, mi disseto ad una fontana nelle vicinanze e aspetto i padroni di casa che arrivano poco dopo.
Mi fanno fare il giro dei loro possedimenti, della casetta prefabbricata dove vivono i genitori di lui, mangiamo sotto un portico.
Il pomeriggio scorre piacevolmente, tra i bagni delle bambine nelle piccole piscine di plastica e tante piacevoli conversazioni.
Dopo aver festeggiato i compleanni delle bimbe, sono ormai passate le sei e decido di tornare in valle: io, a Genova, con questo caldo, non ci torno.
Saluto i padroni di casa per la squisita accoglienza e parto.
Decido di scoprire nuove vie: sulle cartine ho visto che c’è la possibilità di passare a Varese Ligure, svalicare, scendere a Bedonia, fare il Tomarlo ed essere di nuovo in valle.
Il navigatore mi indica subito la strada. Il primo paese che incontro è Ziona, ma prima ancora incontro un motociclista piegato completamente nella mia corsia, si riporta a fatica sulla sua mano, si rialza, è un ragazzino, ora con lo sguardo impaurito. Non suono, non urlo, non bestemmio, è andata bene così.
Il Tom Tom mi fa transitare a Ponte Santa Margherita, poi nelle vicinanze di Sesta Godano e di Buto, celebrato paese regno del fungo porcino ai piedi del Gottero.
Non c’è praticamente traffico. Anche qui le strade ai lati sono sporche mentre l’asfalto è meno peggio che da altre parti.
Finalmente incontro un altro paese, San Pietro Vara, qualche motociclista, qualche anziano seduto ai lati della strada, poche centinaia di metri e ne sono fuori.
Adesso posso spegnere il climatizzatore, il finestrino abbassato, la radio accesa, naturalmente su RadioDue e nessuna fretta.
Non impiego molto ad arrivare a Varese Ligure, vi ero stato una volta per lavoro, mi piacerebbe fermarmi a fare un giro, ma anche se non ho fretta, non ho voglia di arrivare troppo tardi.
Una volta superato il paese, inizia la salita per il passo del Cento Croci, il mio terzo valico appenninico del giorno, dopo la Forcella ed il Bracco.
La strada all’inizio non è particolarmente larga, sporca ai lati, qualche auto che scende in senso contrario. Come al solito il meglio deve venire. Più salgo e più cambia il panorama: quando sono nei pressi di Caranza si iniziano ad intravedere le cime dei monti, anche quelli della valle, il Penna ed il Pennino, mi sembra di sentire aria di casa. Ancora qualche tornante e la strada si apre su una grande vallata, l’erba tagliata, i prati puliti, le sagome di una, due, sei grandi pale eoliche, le stesse che si vedono ad occhio nudo dalla vetta del Penna. Mi fermo a fotografare il panorama, non le pale in quanto sono controluce anche se una volta sul passo un tentativo lo faccio.
1055 metri, altino, anche se non sarà il passo più alto del giorno.
Adesso è discesa, verso Bedonia. Poche centinaia di metri e sulla sinistra appare l’Albergo Cento Croci, chiuso, abbandonato, fatiscente, un altro esempio di un mondo che è stato, che non c’è più, quando soggiornare a La Squazza, al Bracco, sul Cento Croci era villeggiatura. Oggi le nostre possibilità ci portano in ogni dove nel mondo ed il nostro paese va a ramengo.
Arrivo a Tarsogno, svolto per Tornolo, un bivio e mi ritrovo sulla strada che porta sulla statale che arriva dal Bocco, una volta in fondo giro a destra e dopo pochi minuti è Bedonia. Una volta nelle vicinanze del campo sportivo mi accorgo che ci deve essere qualche fiera, qualche sagra davvero importante: i prati davanti alla basilica sono colmi di auto e di giovani posteggiatori.
In pochi minuti raggiungo il passo di Montevaccà, non mi ricordavo ci fosse anche questo passo sulla mia strada. Supero Ponte Ceno, Anzola e inizia l’ultima salita, il Tomarlo.
Tornante dopo tornante, il Penna che mi osserva silenzioso, poche, pochissime auto in senso contrario, l’aria adesso è frizzante, la pelle finalmente torna a respirare dopo la calura della riviera.  Qui lo stato del fondo stradale non è malvagio a parte un tratto di sterrato degno di una paese del terzo mondo, i bordi sporchi naturalmente, ma anche questo non è una novità.
Sono le otto passate quando raggiungo il passo, un ultima foto e via verso casa, verso il paradiso, con il ricordo di un bellissimo pomeriggio trascorso con bellissime persone.

Il giorno dei cinque passi, pt 1

Quando sono in valle, nella mia valle, nel mio paese, il solo motivo che mi obbliga a spostarmi è il ritorno a Genova, la domenica sera o meglio ancora al lunedì mattino.
In passato ci riuscivano le fidanzate e magari sarà così anche in futuro, prossimo o remoto chi lo sa.
Lunghi viaggi verso Mirano o Chiavenna, ma ne valeva la pena, così come ne è valsa la pena scendere verso la riviera la scorsa domenica: un invito da parte di una coppia di amici per festeggiare il compleanno delle figlie in un paesino in provincia di La Spezia. Non mi muoverei mai dalla valle, ma per gli amici, quelli veri, vale la pena.
Così, alle nove meno qualcosa di una calda domenica d’estate, parto, direzione Mattarana.
Viaggio, senza fretta, il finestrino abbassato, la temperatura è gradevole, una compilation a farmi compagnia.
Una volta arrivato a Cabanne comincio ad incrociare auto che viaggiano in senso opposto, che scappano dal caldo della riviera, oltre ad imbecilli che guidano in modo scellerato. Sulla piana accanto al fiume hanno tagliato il fieno ed è uno spettacolo ed un tuffo nei ricordi d’infanzia.
Ad un tratto inizio ad incrociare ciclisti, pochi all’inizio, poi, una volta superato il passo della Forcella, affollato di persone come mai ho visto in vita mia, sempre di più.
Da soli, in compagnia, giovani, anziani, donne, ragazze, anche parecchio carine se mi consentite: mi ricorda, con le dovute proporzione, il pellegrinaggio di amanti delle due ruote lungo i tornanti dello Stelvio.
Poche centinaia di metri prima di arrivare a La Squazza incrocio Toni, nella sua solita elegante camicia azzurra, alla guida della corriera, supero l’albergo abbandonato, simbolo di un mondo che fu e scendo verso Borzonasca.
Non so quanto impiego ad arrivare a Chiavari, tanto tempo, ma non importa.
Mentre faccio gasolio si ferma un signore in scooter che mi fissa ed esclama “Garelli“, lo guardo attonito e lui di rimando “Non mi riconosci, sono Luciano“. La mia risposta è un “Ma va a cagare!” che tutto sommato non c’entra niente.
Cribbio, Big Jim in persona, saranno almeno vent’anni che non lo vedevo, dai tempi delle indianate a Pievetta, sempre uguale, abbronzato, palestrato, stessi capelli, un figlio che lo aspetta sullo scooter. Che sorpresa!
Restiamo qualche minuto a parlare, mi dice che viene sempre su a sciare, l’avessi incrociato una volta.
Ci diamo appuntamento per il prossimo inverno e mi saluta con un “Ciao Silvo” di altri tempi.
Potrei prendere l’autostrada, ma è un giorno senza fretta, dedicato a me stesso, agli amici, al mio tempo e decido così di percorrere la statale.
Attraverso Lavagna, Cavi, Sestri, vedo famiglie scendere dalle auto e dirigersi verso le spiagge, in cerca di refrigerio, sicuramente non in cerca di tranquillità.
Imbocco la salita del Bracco, lontani i tempi in cui andavo con lei e gli amici da Casaggiori, ma non ho nostalgia, il tempo passa e fa il suo corso.
Viaggio, tranquillo, senza pensieri, adesso il finestrino è chiuso, climatizzatore acceso, musica, luce d’estate.
Poche macchine, poche moto, il navigatore mi indica che ho superato il limite, sono a 40 all’ora, il limite è 30, all’ingresso del paese di Bracco, senza un cartello, nascosta come il peggiore dei ladri, c’è una pattuglia con l’autovelox, vaffanculo, non me ne frega niente, all’uscita del paese un cartello indica la fine del divieto dei 50.
Multa o non multa? A fare in culo, non importa.
Sono su una delle strada più celebrate d’Italia, ma non c’è particolare traffico, anche poche moto, lo stato dell’asfalto in alcuni punti non è il massimo, i bordi sono sporchi, incrocio costruzioni abbandonate, il turismo si è spostato altrove, il progresso, ma anche tutti i governi, tutte le amministrazioni hanno distrutto un paese, un economia. Questa, come altre strade, sono il simbolo di un paese che è stato, che non c’è più.
Sono le undici quando arrivo a destinazione, posteggio davanti alla trattoria celebrata sul sito del paese, riordino le istruzioni, cerco la strada, non sono sicuro e alla fine devo chiamare… (segue)