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La mucca Cabannina

Quella che sto per raccontarvi si potrebbe definire una favola a lieto fine: è la storia della mucca Cabannina e del formaggio che da essa prende il nome, U Cabannin.
Ne avevo sempre sentito parlare, ma, non avendola mai vista, non avrei saputo distinguerla dalle mucche presenti sul territorio e sopratutto non avevo mai assaggiato il formaggio che viene prodotto con il suo latte.
U Cabannin lo assaggiai per la prima volta in un negozio di Santo Stefano dopo le insistenze della proprietaria.
La prima sensazione che provai fu quella di gustare un sapore antico, un formaggio che sapeva di latte e per quanto sembri un affermazione banale, vi assicuro che non è così scontata.
Fu così che andai a Scabbiamara, presso l’azienda Petramartina, una delle cinque realtà valligiane che allevano questa razza di mucca e, oltre a comprare una forma di questa eccellenza valligiana, scopersi la storia di questo animale.
La Cabannina o Montanina prende il suo nome da Cabanne, frazione dell’alta valle nel comune di Rezzoaglio: è sicuramente l’essere animale più autoctono di tutta la valle, più di caprioli, cavalli, cinghiali, daini, istrici e lupi.
Un tempo presente in tutte le stalle, da Sbarbari a Torrio, è un animale facilmente adattabile al nostro territorio, ai pendii scoscesi e al territorio poco ospitale grazie alle sue gambe corte e robuste.
E’ un animale di dimensioni medio piccole, dalla colorazione castano scura, molto resistente, oltre al terreno, anche al clima della valle oltre a possedere una elevata longevità al contrario delle razze che avrebbero dovuto sostituirla.
A inizio novecento erano presenti sul territorio della provincia di Genova oltre quarantamila capi, poi, per tutta una serie di fattori, i numeri andarono a scemare sino ad una ottusa legge del 1963, la n° 126, che ne decretava la sostituzione, di fatto l’estinzione, con razze maggiormente produttive.
Infatti, la produzione media quotidiana di una Cabannina si aggira intorno ai 20 litri di latte, litro più litro meno, al contrario della Bruna Alpina che ne produce più del doppio.
Fortunatamente non tutti gli allevatori applicarono alla lettera i dettami del Ministero e a metà degli anni ottanta si contavano ancora 150 esemplari.
Proprio all’inizio degli anni ottanta è iniziato il piano di recupero di questa razza grazie all’intervento dell’associazione di categoria, della Regione Liguria e della Comunità Montana allora esistente sino alla svolta del 2010 quando la Cabannina diventa presidio Slow Food.
Ad oggi in valle, oltre all’ azienda Petramartina di Scabbiamara, ci sono quattro allevatori distribuiti tra Mileto e Parazzuolo e altri nove tra le provincie di Genova e La Spezia.
Del formaggio c’è poco da dire: è un unicum ed un eccellenza per la val d’Aveto.
Come riferito sui siti della associazione e del caseificio di Scabbiamara, è prodotto con un latte facilmente digeribile e con proprietà difficilmente riscontrabili con quello di altre razze.
Sicuramente ha una storia millenaria che prosegue grazie alla cocciutaggine ed il sacrificio di pochi allevatori ed un sapore che non ha uguali, senza tempo.

Ritorno al Piano della Cavalla

Sabato di fine maggio, nel parco dell’Antola è tempo di fioritura dei narcisi e per il terzo anno consecutivo decido di andare a vederla.
A dirla tutta dovevo andarci con un amica, ma all’ultimo mi da buca, pazienza, la strada la conosco alla perfezione e tutto sommato preferisco andarci da solo.
Sono arrivato in paese ieri sera, solita storia, un paio di auto alla fontana, quasi tutte le finestre chiuse, c’era qualcuno la scorsa settimana per dei lavori al campetto di calcio, adesso per rivedere qualcuno bisognerà aspettare.
Alle otto meno qualche minuto del sabato mattina lascio Ascona in direzione Rezzoaglio, cappuccio e brioche, provviste per la gita poi via, direzione val Trebbia.
Finalmente è una bella giornata di sole, le previsioni dicono che peggiorerà nel pomeriggio e così sarà, ma questa mattina no, il tempo è buono ed è l’ideale per fare questa gita.
Raggiunta Cabanne svolto in direzione Fontanigorda, sul lungo rettilineo di Mileto evito di schiacciare il piede come lo scorso anno, salgo tranquillo, sono in perfetto orario e non mi corre dietro nessuno.
Lungo la strada del Fregarolo non incontro un auto, zero, solo due boscaioli che stanno caricando un camion poco prima del passo poi non incrocio nessuno praticamente fino a Loco.
Una volta lasciata la SS 45 e imboccata la strada che porta alla mia meta mi attraversa la strada un capriolo poi più nulla, solo un auto guidata da un anziano che procede in senso contrario.
A Fontanarossa trovo posteggio in piazza, ci sono già diverse auto, il tempo di calzare gli scarponi e sono pronto, inizio la salita mentre il campanile del paese batte le nove.
Salgo con calma, è la prima escursione dopo le ciaspolate invernali, la forma è pessima, fatico quasi a respirare e sudo, cribbio come sudo.
Il sentiero è umido dalle piogge dei giorni precedenti, scivoloso, fastidioso. Arrivato alla fontana situata a metà percorso incontro una coppia intenta a fare legna, per qualche attimo sono indeciso se tagliare per la strada che ho percorso sulla via del ritorno le precedenti escursioni  o per il sentiero principale, infine opto per quest’ultimo.
Sono le nove e quarantacinque quando metto piede sul prato del Piano della Cavalla, davanti a me un gruppetto di quattro persone, poco lontano un fotografo intento a scattare e nessun altro.
Faccio i primi scatti, salgo sulla collinetta da cui si gode una vista totale del pianoro e arrivano le prime avvisaglie di gitanti, una coppia, un altra coppia, altri alla spicciolata.
Una coppia con un forte accento lombardo mi chiede se è questo il prato dei narcisi, mi verrebbe voglia di risponder fate voi, è tutto bianco, poi mi limito a un certo lo è, è la terza volta che vengono, le altre due hanno sempre trovato cattivo tempo.
Il resto dell’escursione è facilmente riassumibile, scatti, scatti, scatti, la ricerca del fiore ideale, della luce, dell’inquadratura, l’attenzione di non incrociare i tanti gitanti che stanno arrivando.
Salgo sulla cima del monte della Cavalla, la salita più semplice di tutte, mi offre una vista sull’Antola, su Casa del Romano, sui paesi della valle, quelli che vedo dovrebbero essere Carpeneto, Rondanina e Fascia.
Quando sono le undici decido che è il momento di tornare, quello che volevo fare l’ho fatto e posso scendere verso Fontanarossa. Sul sentiero del ritorno, incrocio si e no cinque sei persone, meno dello scorso anno, ma quelle sul Piano erano veramente tante.
Una volta arrivato in paese il parcheggio è pieno a tappo e trovo numerose auto posteggiate ai lati della strada, il tempo di scendere a vedere la chiesa di Santo Stefano e cambiarmi e posso riprendere la via di casa, poi, se tornerò il prossimo anno è tutta da vedere, in fondo visto un narciso visti tutti.

La fioritura dei narcisi, pt 1

Sabato mattina, mi giro, mi rigiro nel letto. Vado, non vado, vado, non vado. No, non ė l’inizio dell’ultimo articolo, ma semmai gli stessi dubbi. Apro le persiane verso la valle: ė una bella giornata anche se ci sono nuvole un poco ovunque.
Che fare? Faccio colazione, prendo lo zaino e salgo in auto, ho deciso, vado, anche se sono già le otto e mezza, direzione Fontanarossa per salire da li al Piano della Cavalla e fotografare l’annuale fioritura dei narcisi.
A Rezzoaglio mi fermo per comprare un pezzo di focaccia da mettere sotto ai denti, ma nel panificio ci sono cinque signore in attesa, non mi passa piu, non entro.
A Cabanne svolto in direzione val Trebbia, poche centinaia di metri e sono a Mileto e mi ritorna in mente un lontano ottobre di trent’anni fa quando su questa strada si svolse una prova speciale del Rally di Sanremo, mondiale rally, mica quisquilie: per un attimo torno pivello, seconda, terza, quarta, quando comincia la salita il contachilometri segna i centodieci, lo so, sono un cazzone, ma quei sette otto secondi sono stati fantastici, liberatori.
Supero il bivio per Scabbiamara, evito una lepre che mi attraversa la strada e mi dirigo verso la mia meta, raggiungo il passo del Fregarolo, mt 1203, uno dei più alti della provincia, tre chilometri per scendere a Casoni, altri tre chilometri e sono alle porte di Fontanigorda, una svolta, ancora tre chilometri o giu di li e arrivo a Loco, uno stop, svolta a destra e sono sulla SS 45, ancora pochi chilometri e l’ultima svolta, questa volta verso la mia meta dove arrivo in pochi minuti.
Sulla piazza del paese trovo tre auto posteggiate e due escursionisti che si stanno preparando, torno indietro e lascio la Sedici poco lontano, per non intasare ulteriormente la piccola piazza e disturbare la quiete dei residenti.
Calzo gli scarponi, aggancio il treppiede piu pesante allo zaino e parto: subito dopo la trattoria, di fronte alla chiesa del paese, parte il sentiero piu veloce per il Piano della Cavalla, potrei prendere quello piu morbido che parte a lato della chiesa ma ė meno veloce e non ė il caso, il cielo è sempre coperto da molte nuvole.
Il sentiero sale rapidamente, in breve arrivo in un spiazzo dove c’e una sorta di area ristoro con delle panche e una fontana, non ritrovo la carrareccia che avevo percorso lo scorso anno con i soci di MyTrekking, ma poco importa, il sentiero principale ė ben segnato e non dovrebbe essere lunghissima.
Seguo le linee gialle dipinte sugli alberi quando ad un tratto noto sulla mia sinistra i primi prati fioriti, ci siamo, anche se il sentiero prosegue, posso svoltare qui, poco piu di mezzora di cammino dalla chiesa, non male.
Beh, cosa dire? Sono narcisi, tutti uguali, una lunga enorme distesa anche se io in questo momento sono su di un pendio e non vedo il grande pianoro.
Inizio a scattare e intanto salgo verso il sentiero centrale; raggiunto questo mi dirigo verso l’estremità orientale del piano, c’e un punto sopraelevato da dove si gode di un’ottima vista (continua)

Narcisi, pt 1

Nell’ottobre dello scorso anno, per poter partecipare ad un escursione nei villaggi abbandonati della val Borbera, mi ero iscritto ad un gruppo di trekking di Genova.
Dopo quella gita non avevo più avuto occasione di partecipare ad altre attività di questa associazione malgrado le numerose iniziative che organizzano, alcune davvero interessanti.
Nel calendario che lessi al momento dell’iscrizione notai che vi era quella dedicata alla fioritura dei narcisi a Pian della Cavalla, in val Trebbia: memore delle bellissime fotografie viste su Panoramio, decisi che non avrei mancato a tale appuntamento.
Nelle scorse settimane, quando sono state aperte le iscrizioni vi è stato un boom di iscrizioni, quaranta, cinquanta, sessanta, cento partecipanti, sino ad arrivare ad oltre centotrenta iscritti.
A quel punto mi sono chiesto se gli organizzatori si fossero posti il dubbio dell’impatto di un arrivo così imponente di persone in un paese di piccole dimensioni come Fontanarossa, ma il numero di iscritti era quello. Boh.
Qualche giorno prima dell’evento, finalmente, sul solito social, viene chiesto di scegliere il punto di partenza: da Fascia per i più pigri, Casa del Romano per i meno pigri e Fontanarossa per i più temerari se 10 chilometri possono considerarsi tanti.
Naturalmente scelgo la terza opzione anche perché il punto di partenza è il più comodo per chi arriva dalla val d’Aveto.
Il venerdì sera salgo ad Ascona, solita serata tranquilla, a letto presto e sveglia alle sette: una veloce colazione, salita ai Serretti per vedere se ci sono dei caprioli da fotografare e via verso Santo Stefano a fare scorta di cibo.
Il navigatore indica un tempo di percorrenza di un ora, cosi viaggio tranquillo, senza fretta, RadioDue a farmi compagnia.
C’è un bel sole in valle, ma cupe nuvole all’orizzonte. Arrivato a Cabanne svolto in direzione Fontanigorda, a Mileto un stormo di rondini vola radente al tetto dell’auto, penso ai vecchi detti popolari che dicevano che quando gli uccelli volano bassi chiamano acqua: chissà se sarà valido anche oggi.
Salgo verso il valico del Fregarolo e una volta superato il bivio per Garba le nuvole sono bassissime, la visibilità è poca, poca davvero: in breve arrivo a Casoni e in un attimo sono a Fontanigorda, così come in pochi minuti sono a Loco.
Una volta sulla SS45 faccio attenzione ai velox, è sabato e gli automobilisti sono un boccone troppo appetitoso per le esangui casse dei piccoli comuni.
In pochi minuti raggiungo il bivio per Fontanarossa, ancora pochi chilometri e sono arrivato.
Cerco posteggio alle porte del paese, ma non vi è uno spiazzo, cosi mi ritrovo sulla piazza del paese dove lascio l’auto: il campanile del paese batte le nove in quello stesso istante.
Prendo lo zaino, aggancio i bastoncini, che so già che non userò, ma fanno tanto figo e mi reco alla ricerca del bar dove abbiamo appuntamento.
All’esterno ci sono due uomini e una ragazza: trekking dei Narcisi? La risposta è positiva, mi aggrego a loro, qualche parola e restiamo in attesa degli altri che arrivano alla spicciolata.
Alla fine siamo in una ventina, meno dei trenta previsti: alle dieci meno dieci possiamo partire.
Dinanzi a noi ci sono due sentieri: uno porta in 45′ a Pian della Cavalla, l’altro a Casa del Romano, noi imbocchiamo questo.
Poche decine di metri tra le case del paese, un pezzo allo scoperto e poi è bosco, tra faggi, qualche abete, tutto il sentiero è all’ombra degli alberi.
Molti dei partecipanti si conoscono, si vede che sono degli assidui frequentatori delle gite del gruppo: io parlo un po con i primi arrivati al bar, poche parole, poi vorrei godere del silenzio del bosco, della sua magia, ma è impossibile, la numerosa componente femminile parla, parla, parla, parla davvero tanto. Dopo meno di due chilometri un paio di partecipanti abbandonano la compagnia, lei non sta bene e preferiscono tornare indietro (segue)