Archivi tag: Piano della Cavalla

Dodici momenti del 2018

Questa terra bellissima

Nuvole scure si addensano sul mio orizzonte,
attraversano il mio oggi,
minacciano il mio presente.
In questi giorni senza meta,
in questi giorni senza scopo,
in questo tempo senza te.
Astronavi cupe che solcano il cielo,
messaggere di un destino ignoto,
di un incerto futuro,
In questa terra sconosciuta e cupa,
in questa terra bellissima,
cerco una via,
uno spiraglio nelle mie ombre,
una luce che mi riporti il tuo viso.
Ancora ti cercherò.

fotografia di Antonio Andreatta
scritta a Genova nel maggio 2018 ispirandomi a questo bellissimo scatto

Piano della Cavalla, maggio 2018 (fotografia di Antonio Andreatta)

 

Salita al monte Penna

L’escursione al Piano della Cavalla della settimana precedente ha lasciato strascichi inaspettati come mal di gola, tosse, raffreddore: una settimana di antibiotici e antinfiammatori per provare a rimettermi in sesto, ma in forma non sono.
Il venerdì sera torno comunque in valle, appena arrivato a casa guardo un po di Propaganda Live per ascoltare i commenti sul nuovo governo e poi a dormire presto.
La mattina del sabato è dedicata alla semina dell’orto, anno dopo anno sto imparando, peccato che di anno in anno mi dimentico tutto.
Nel pomeriggio c’è l’annuale appuntamento sul passo del Crociglia per il gemellaggio tra Torrio e Selva, mancato una sola volta negli otto precedenti appuntamenti, non mancherò neppure quest’anno, mancherò invece alla cena serale, non ne ho voglia, non sono dell’umore, alle sette torno a casa e a casa resto.
La notte mi porta riposo e voglia, voglia di camminare. Mi sveglio poco dopo le sette, c’è il sole, nessuna nuvola all’orizzonte, si, vado: il problema è dove andare, come detto la forma non è delle migliori e i sentieri in questo periodo sono letteralmente invasi dalle zecche dei caprioli, è un attimo trovarsele addosso ed il peggio è togliersele in maniera adeguata.
Scartato il Ragola, classico appuntamento di agosto, scartato il lago Nero, troppo breve o l’anello comprendente il monte Nero, troppo faticoso, escluso l’Aiona per la lunghezza dell’anello ed escluso il Trevine, in agenda ai primi di luglio con gli amici di Torrio, mi resta la classica salita al monte Penna, la classica di apertura dei miei giri in valle. E monte Penna sia.
Alle nove lascio l’auto al bivio con il viale che porta alle casermette, carico lo zaino con obiettivi e treppiede e parto.
Procedo con calma sulla carrareccia che porta al passo dell’Incisa, l’aria è fresca, ma non fredda, si sta bene, ai lati della strada alberi abbattuti dal freddo inverno appena lasciato alle spalle, va bene le rigide condizioni ambientali, ma anche tanta incuria, si, tanta davvero.
In breve sono al passo, l’ultima volta era stata a Pasqua o giù di li con Cioppi, Gian e Mattia, fresco di elezione in Senato.
A questo punto inizia la mia salita verso la cima dedicata al dio Pen, l’affronto con calma, tanta calma, passo dopo passo, cerco di regolare il respiro seppur a fatica e malgrado le mie condizioni arrivo in cima senza una sola sosta. Dimenticavo, il bosco che attraverso è un disastro, più del tratto precedente.
Arrivo in cima e sulla cima incrocio un altro escursionista, seduto, intento ad ammirare il paesaggio.
Lo saluto e mi siedo poco lontano, ai piedi della statua della Madonna. Come mi siedo noto che alla base hanno applicato la fotografia di un escursionista e scrittore morto lo scorso anno.
Visti gli sforzi e sacrifici fatti in settimana, mi cambio immediatamente maglia e metto una felpa che mi sono portato, per lo meno mi riparerà dal vento.
La vista oggi non è delle migliori, ma si vede il mare, c’è una nave di fronte a Portofino e si vede la catena dei monti della val Trebbia, non oltre. Si vedono pure il Crociglia, il Maggiorasca, il Ragola, si vedono le ultime nebbie della notte mentre si dissolvono al sole del mattino.
Non mi fermo molto, dieci, forse quindici minuti, minuti per fare qualche scatto, per godere del panorama, per godere del silenzio che mi circonda poi è l’ora di scendere e tornare verso casa, ma tornerò, si, tornerò, a godere di questa vista di infinita bellezza.

Ritorno al Piano della Cavalla

Sabato di fine maggio, nel parco dell’Antola è tempo di fioritura dei narcisi e per il terzo anno consecutivo decido di andare a vederla.
A dirla tutta dovevo andarci con un amica, ma all’ultimo mi da buca, pazienza, la strada la conosco alla perfezione e tutto sommato preferisco andarci da solo.
Sono arrivato in paese ieri sera, solita storia, un paio di auto alla fontana, quasi tutte le finestre chiuse, c’era qualcuno la scorsa settimana per dei lavori al campetto di calcio, adesso per rivedere qualcuno bisognerà aspettare.
Alle otto meno qualche minuto del sabato mattina lascio Ascona in direzione Rezzoaglio, cappuccio e brioche, provviste per la gita poi via, direzione val Trebbia.
Finalmente è una bella giornata di sole, le previsioni dicono che peggiorerà nel pomeriggio e così sarà, ma questa mattina no, il tempo è buono ed è l’ideale per fare questa gita.
Raggiunta Cabanne svolto in direzione Fontanigorda, sul lungo rettilineo di Mileto evito di schiacciare il piede come lo scorso anno, salgo tranquillo, sono in perfetto orario e non mi corre dietro nessuno.
Lungo la strada del Fregarolo non incontro un auto, zero, solo due boscaioli che stanno caricando un camion poco prima del passo poi non incrocio nessuno praticamente fino a Loco.
Una volta lasciata la SS 45 e imboccata la strada che porta alla mia meta mi attraversa la strada un capriolo poi più nulla, solo un auto guidata da un anziano che procede in senso contrario.
A Fontanarossa trovo posteggio in piazza, ci sono già diverse auto, il tempo di calzare gli scarponi e sono pronto, inizio la salita mentre il campanile del paese batte le nove.
Salgo con calma, è la prima escursione dopo le ciaspolate invernali, la forma è pessima, fatico quasi a respirare e sudo, cribbio come sudo.
Il sentiero è umido dalle piogge dei giorni precedenti, scivoloso, fastidioso. Arrivato alla fontana situata a metà percorso incontro una coppia intenta a fare legna, per qualche attimo sono indeciso se tagliare per la strada che ho percorso sulla via del ritorno le precedenti escursioni  o per il sentiero principale, infine opto per quest’ultimo.
Sono le nove e quarantacinque quando metto piede sul prato del Piano della Cavalla, davanti a me un gruppetto di quattro persone, poco lontano un fotografo intento a scattare e nessun altro.
Faccio i primi scatti, salgo sulla collinetta da cui si gode una vista totale del pianoro e arrivano le prime avvisaglie di gitanti, una coppia, un altra coppia, altri alla spicciolata.
Una coppia con un forte accento lombardo mi chiede se è questo il prato dei narcisi, mi verrebbe voglia di risponder fate voi, è tutto bianco, poi mi limito a un certo lo è, è la terza volta che vengono, le altre due hanno sempre trovato cattivo tempo.
Il resto dell’escursione è facilmente riassumibile, scatti, scatti, scatti, la ricerca del fiore ideale, della luce, dell’inquadratura, l’attenzione di non incrociare i tanti gitanti che stanno arrivando.
Salgo sulla cima del monte della Cavalla, la salita più semplice di tutte, mi offre una vista sull’Antola, su Casa del Romano, sui paesi della valle, quelli che vedo dovrebbero essere Carpeneto, Rondanina e Fascia.
Quando sono le undici decido che è il momento di tornare, quello che volevo fare l’ho fatto e posso scendere verso Fontanarossa. Sul sentiero del ritorno, incrocio si e no cinque sei persone, meno dello scorso anno, ma quelle sul Piano erano veramente tante.
Una volta arrivato in paese il parcheggio è pieno a tappo e trovo numerose auto posteggiate ai lati della strada, il tempo di scendere a vedere la chiesa di Santo Stefano e cambiarmi e posso riprendere la via di casa, poi, se tornerò il prossimo anno è tutta da vedere, in fondo visto un narciso visti tutti.

La fioritura dei narcisi, pt 2

Qualche minuto di marcia e sono arrivato, ci sono cinque, sei fotografi intenti in un workshop collettivo, li supero e vado a scattare dove mi ero prefissato: dopo qualche minuto cominciano ad arrivare altri escursionisti, una coppia, una famiglia, un gruppo di quattro ragazzi, un altra famiglia, io le mie foto le ho fatte, posso cominciare a dirigermi verso il sentiero di ritorno.
Mentre mi avvio sento un vociare sempre piu vicino e quando sono ai piedi della mia collinetta vedo arrivare almeno una trentina di gitanti, scappo, sono le situazioni che non amo, lo scorso anno ne ero stato protagonista involontario quando mi ero trovato in un primo gruppo di trenta persone e quindi di un secondo di oltre un centinaio, una vera schifezza.
Vado avanti lentamente, uno scatto qua e la, il cielo sempre piu coperto, poi le prime gocce, quindi inizia a piovere, seriamente, un ultimo scatto e metto via la K3, tiro fuori il guscio, lo indosso e proteggo lo zaino, via, verso la macchina, sono gia le undici e mezza, la mia sosta è durata piu di un ora e la pioggia è un chiaro invito a tornare sui miei passi.
Sul sentiero ci siamo io e, un centinaio di metri piu avanti, una coppietta di fidanzati, ad un tratto nell’erba trovo una custodia e all’interno una macchina digitale, la raccolgo e la porto in alto per farla vedere ai due che mi precedono anche se mi danno le spalle, pochi secondi e si fermano, lei inizia a toccarsi e a guardarsi intorno, io sempre col braccio alzato, si guardano intorno e iniziano a tornare indietro, io sempre con il braccio alzato, finalmente mi vedono e una volta di fronte porgo la digitale alla ragazza che ringrazia sorridente.
Terminato il pianoro, il sentiero inizia a scendere, ai lati inizio a notare una quantita industriale di sterco di capriolo, meglio scrivere cacche?, comunque una montagna, all’alba qui deve essere uno spettacolo.
Adesso pioviggina, poco poco, tolgo il cappuccio del guscio, incrocio una famigliola che avevo lasciato a Fontanarossa alla partenza e arrivo alla fontana a metà del percorso: bene, ho memorizzato il passaggio, il prossimo anno, se mai tornero, ricorderò la via.
Dalla fontana sino al paese incrocio una lunga processione di escursionisti, improvvisati o meno, con scarponi o scarpette da ginnastica, braghe lunghe, braghe corte, canottiere, almeno una ventina, di tutte le età: si, bella la fioritura, ma quanta gente!
Una volta in paese scendo a vedere la vecchia chiesa, Santo Stefano, affascinante, racchiusa all’interno del cimitero, poi via verso casa, una sosta per acquistare una forma di Cabannin a Scabbiamara e verso una paurosa grandinata, ma come sempre sono altre storie, altri momenti.